mercoledì 9 giugno 2010

Uzma Aslam Khan, “Mehwish parla al sole”


Uzma Aslam Khan, “Mehwish parla al sole”. Neri Pozza Editore.

E’ il romanzo del tentennamento sociale che imperversa nel Pakistan tra la fine degli anni ’80 e l’inizio del ventunesimo secolo. In un’epoca, cioè, in cui si sviluppa con forza la contrapposizione fra l’integralismo religioso del Partito Islamico della Creazione, ereditato dal generale Zia ul-Haq, che richiede il rispetto rigoroso dei precetti della sharia, e l’ideale laico mirato alla modernizzazione culturale ed economica, incarnato dal primo ministro Zulfikar Ali Bhutto ed il Partito Popolare Pachistano; una contrapposizione che, però, continua a vivere nell’onda di odio, guerre e recriminazioni provocate dai talebani, da una parte, e il “credo occidentale” degli Stati Uniti d’America, dall’altra.
Zahoor, archeologo darwinista, indaga sull’evoluzione dell’odierna balena partendo dal ritrovamento dei resti di un mammifero terrestre incline a vivere nel mare. Il fatto in sé sembra essere assolutamente banale, almeno per noi occidentali, ma non dev’essere (o non dev’essere sempre stato) così nel mondo raccontato dalla Khan. Se, infatti, le due nipoti di Zahoor, Amal e Mehwish, ammirano il nonno e crescono sul suo solco, il loro padre, Aba, le avversa timidamente, paventando che la scienza applicata dal suocero si possa contrapporre ai dettami della Sharia: credere nella scienza significherebbe, infatti, negare la stessa essenza di Dio, sul quale non si indaga e sulle cui manifestazioni non si deve porre alcun dubbio. Per queste ragioni, ma con una lentezza che copre numerosi anni, a causa di un mondo incerto che ha in mente il progresso, ma sembra preoccupato dal non voler disobbedire all’Islam, c’è invece chi avversa concretamente l’archeologo, ed è il Partito Islamico della Creazione, che si serve del contributo fattivo, ma forzato (e l’autrice vorrebbe -ma senza riuscirci- anche “incolpevole”), di Noman, per tenerlo, dapprima, sotto sorveglianza e, poi, al momento (storico) buono, per denunciarlo, vederlo finire sotto processo e, infine, uccidere violentemente, quando ormai sembra che le acque si siano calmate.
La trattazione è originale, in quanto le vicende sono narrate in prima persona da tre personaggi principali (Mehwish, Amal e Noman) dei quattro che si contendono la scena (il quarto è Zahoor), che riportano la loro versione dei fatti, facendoli così rivivere più volte, da angolazioni diverse (il titolo originale “la geometria di Dio” -che non capisco perché è stato cambiato solo in Italia- alludeva proprio alla perfezione data dalla combinazione delle quattro posizioni). Sebbene originale, però, a me non è piaciuta un granché, perché mi è apparsa un po’ troppo farraginosa, avendomi dato a volte persino il senso del disco incantato. Del resto, avrei giustificato (e forse anche apprezzato) la scelta fatta dall’autrice se i personaggi si fossero posti in contrapposizione di idee l’uno con l’altro, mentre invece appare subito con chiarezza che tutti si pongono dalla stessa parte, quella del progressismo. Persino Noman, inventato per rivestire la parte del redento o, più precisamente, di quello che, pur essendo cresciuto sotto l’influsso del partito creato dal generale Zia col tempo si ravvede, appare, sin dalle prime battute, se non proprio contrario al suo partito, quantomeno incerto.
In ogni caso, il libro è interessantissimo e pieno di spunti di riflessione che in queste righe non possono trovare posto per ragioni di spazio. Io lo consiglio vivamente.
Avevo appena finito di scrivere questa breve recensione quando mi sono imbattuto negli occhi languidi di un caro amico originario del Pakistan, che ha ricordato con nostalgia l’epoca che lui stesso ha definito del “grande Zia”. E da lì ho intuito che “Mehwish parla al sole”, nel suo essere spudoratamente di parte, rivela che quel tentennamento sociale di cui ho detto sin dall’inizio è un fatto reale, effettivo, che esiste, ed assolutamente attuale e non lascia immaginare affatto in quale direzione stia viaggiando, ancora oggi, il suo grande paese.

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