Era da un po’ di tempo che cercavo
con lo sguardo sugli scaffali delle librerie una nuova opera di Francesca
Melandri, dopo l’interesse che aveva destato in me il suo primo romanzo, “Eva
dorme”. Finalmente l’ho trovata.
E’ bello ritrovare lo stile di un
autore che si conosce già. Anche quando non ti è entrato nelle vene e non ti ha
fatto impazzire. Quel che desta maggiore piacere in te, infatti, è l’idea che
la rappresentazione di un fatto possa essere espressa da migliaia di persone,
ma che qualunque di queste la riproporrebbe a suo modo, in maniera più o meno
incisiva, più o meno riconoscibile, ma pur sempre unica.
E, bello è stato per me ritrovare
lo stile della Melandri che, oltre a differenziarsi da quello di tutti gli
altri autori, spicca per la sua apparente semplicità e linearità, celando
appena, per non apparire pesante, un’attenzione, che invece sembra essere quasi
maniacale, alla singola parola.
Anche per tale ragione, le 240
pagine scarne che dividono la prima dall’ultima pagina non si presentano come
un modo semplicistico per portare a termine una favoletta da quattro soldi in
cui taluno, se vuole, può ritrovare qualche recondito significato. Tutt’altro,
a me sembra, anzi, una volta di più, un modo per evitare di allungare il brodo
con giri di parole che, quando non risultino stancanti, possano persino deviare
il lettore dall’attenzione che invece dovrebbe rivolgere al significato delle
parole usate.
La vicenda narrata, nella sua
essenza, non è molto originale: un uomo e una donna fanno la loro conoscenza e
scoprono di avere in comune più di quanto l’apparenza non lasci immaginare.
Quel che la rende, invece, originalissima, è la circostanza in cui i due
protagonisti si incontrano e la, pur breve, e quasi inevitabile, avventura che
li vede compartecipi.
A questo punto, non mi voglio
sbilanciare ad aggiungere altro, per non privare il lettore del piacere di
scoprire quel che si nasconde fra le righe del romanzo. Torno, invece, a dir di
ciò che l’uomo e la donna hanno in comune, perché si tratta di un sentimento
sublime, di cui entrambi avvertono la necessità e che ritrovano nell’altro,
quasi come una manna venuta dal cielo a risollevarli dalle loro pene. Per
qualcuno si tratterà di amore, per qualcun altro di una grande e vera amicizia;
non lo sapremo mai, a meno di non conoscere una continuazione del bel romanzo.
Quel che certo è che ciascuno di loro, reciprocamente, sazierà il proprio
desiderio di comprensione.