Andrea De Carlo, “Macno”. Bompiani Editore.
Ogni tanto mi viene voglia di leggere qualche vecchio romanzo di un autore che amo tanto. Questa volta è capitato per Macno, di Andrea De Carlo e, dunque, adesso eccomi qui a parlarne, come mi piace fare.
Il libro è esattamente come me l’aspettavo: fluido, interessante e senza colpi di scena. Inoltre, incarna perfettamente lo spirito che accompagna tutti i libri di De Carlo (o almeno quelli che ho letto io, che sono sette), che punta a disincantare il lettore dai falsi sogni e dai vacui ideali. Leggendo, hai la sensazione di volere essere dalla parte del protagonista principale, che è Macno, un dittatore venuto fuori dagli schermi televisivi e che si è imposto grazie alla sua spontaneità; ciò, anche se, sin dall’inizio, proprio lui manifesta comportamenti indecifrabili, oltre che per gli altri personaggi che lo circondano, anche e soprattutto per te.
Solo a poco a poco, man mano che gli eventi si evolvono, senti sempre di più vicina la presenza dell’Autore che ti punta il dito addosso col suo monito: “non è tutt’oro quel che luccica” e te lo ripete, te lo ripete, fino alla nausea, finché ti vieni a trovare di fronte a un bivio e devi scegliere per forza dove andare. O continui sulla strada comoda che avevi percorso prima di imbatterti in Macno, quella degli interessi sicuri, perché è stata la collettività a sceglierli per te e non c’è critica che tu possa temere, oppure ne prendi un’altra, nella quale cominci a capire che i tuoi ideali ed i tuoi sogni possono ben differire da quelli della maggioranza e che, se anche il contesto in cui vivi non se ne renderà conto in tempo, o mai, per la tua integrità morale e per la tua pace interiore, varrà sempre la pena di perseguirli, a costo di soffrire (o persino di immolarti) fino alla fine.
Il libro racconta con l’originalità e la forza descrittiva tipiche di De Carlo gli ultimi giorni di Macno, ripercorrendo nella memoria dei personaggi che lo circondano a Palazzo l’esperienza che lo aveva condotto dall’essere un personaggio televisivo fino a diventare un dittatore. Sono i giorni in cui lui solo, o lui per primo, comprende le ragioni del suo fallimento come capo di stato, ma dai quali, pur morendo (e sempreché la strada intrapresa dal lettore sia quella suggerita dall’autore) esce vittorioso.
Ogni tanto mi viene voglia di leggere qualche vecchio romanzo di un autore che amo tanto. Questa volta è capitato per Macno, di Andrea De Carlo e, dunque, adesso eccomi qui a parlarne, come mi piace fare.
Il libro è esattamente come me l’aspettavo: fluido, interessante e senza colpi di scena. Inoltre, incarna perfettamente lo spirito che accompagna tutti i libri di De Carlo (o almeno quelli che ho letto io, che sono sette), che punta a disincantare il lettore dai falsi sogni e dai vacui ideali. Leggendo, hai la sensazione di volere essere dalla parte del protagonista principale, che è Macno, un dittatore venuto fuori dagli schermi televisivi e che si è imposto grazie alla sua spontaneità; ciò, anche se, sin dall’inizio, proprio lui manifesta comportamenti indecifrabili, oltre che per gli altri personaggi che lo circondano, anche e soprattutto per te.
Solo a poco a poco, man mano che gli eventi si evolvono, senti sempre di più vicina la presenza dell’Autore che ti punta il dito addosso col suo monito: “non è tutt’oro quel che luccica” e te lo ripete, te lo ripete, fino alla nausea, finché ti vieni a trovare di fronte a un bivio e devi scegliere per forza dove andare. O continui sulla strada comoda che avevi percorso prima di imbatterti in Macno, quella degli interessi sicuri, perché è stata la collettività a sceglierli per te e non c’è critica che tu possa temere, oppure ne prendi un’altra, nella quale cominci a capire che i tuoi ideali ed i tuoi sogni possono ben differire da quelli della maggioranza e che, se anche il contesto in cui vivi non se ne renderà conto in tempo, o mai, per la tua integrità morale e per la tua pace interiore, varrà sempre la pena di perseguirli, a costo di soffrire (o persino di immolarti) fino alla fine.
Il libro racconta con l’originalità e la forza descrittiva tipiche di De Carlo gli ultimi giorni di Macno, ripercorrendo nella memoria dei personaggi che lo circondano a Palazzo l’esperienza che lo aveva condotto dall’essere un personaggio televisivo fino a diventare un dittatore. Sono i giorni in cui lui solo, o lui per primo, comprende le ragioni del suo fallimento come capo di stato, ma dai quali, pur morendo (e sempreché la strada intrapresa dal lettore sia quella suggerita dall’autore) esce vittorioso.
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