martedì 15 novembre 2011

Herman Koch, “Villetta con piscina".

Basta guardare le foto di Herman Koch per capire dal suo sguardo il sarcasmo sconfinato di cui è capace. Il suo stile è, infatti, disinibito e tale da raccontare la società moderna così come è, senza mezze misure e senza tanti giri di parole. In altri termini, alla vista di quelle fotografie, Koch appare come il pazzo a cui spesso gli autori fanno ricorso per dire cose che, altrimenti, sarebbe sconveniente rivelare; con l’unica, ma sostanziale differenza, che, in questo caso, il cosiddetto pazzo non è un protagonista della storia, ma il suo stesso autore.
Naturalmente, le mie parole non vogliono contenere nulla di offensivo, ma vogliono essere un plauso semmai ad una personalità talmente sicura e penetrante da riuscire a liberare la realtà persino dalle più piccole ipocrisie in cui ci troviamo tutti quanti immersi e delle quali abbiamo finito per non renderci più conto.
Villetta con piscina” è una prova lampante della personalità di chi lo ha concepito.
Il protagonista, Marc Schlosser, è un medico che recita, nel vero senso della parola, la sua parte. Conosce il suo mestiere e sa, quindi, che, ad esempio, se per una visita generica occorrono pochi minuti, a volte anche un solo sguardo, invece, per far colpo sul cliente e ottenere consensi e fama, servono almeno venti minuti e, se ciò non basta, anche la necessità di spingere le proprie dita in anfratti del corpo di certo poco eleganti. In tal modo il paziente ne risulterà entusiasta!
Marc racconta in prima persona la vicenda che ha maggiormente segnato la sua famiglia a far data da quando ha cominciato a frequentare un suo assistito, l’attore Ralph Meier, e sua moglie Judith. Può dirsi che il romanzo sia tutto una grande analessi (o, se si preferisce, un unico grande flashback), dato che i fatti sono avvenuti tutti prima di essere raccontati ed ora il narratore li sta rielaborando per una propria finalità strumentale. Infatti, Marc è stato convenuto innanzi alla commissione medica per rispondere della morte di Ralph Meier, dovuta alla degenerazione di una malattia che, presa in tempo, poteva essere curata. A lui, in sostanza, si imputano colpe che vanno ben oltre il mero errore medico.
Il racconto riporta i momenti di svago apparente che Marc e la moglie Caroline, con le figlie, Julia e Lisa, hanno trascorso l’estate precedente con i Meier e i loro figli, Alex e Thomas, ed in compagnia dell’amico regista Stanley Forbes e la sua giovanissima amante, Emmanuelle. Lì, trovano posto la fiducia tra coniugi e il tradimento, l’amore per i figli e la difficoltà di stabilire un contatto con loro, la cura dei propri cari e il desiderio di vendetta, ma sopra ad ogni cosa, domina la scena l’inclinazione umana a nutrirsi di apparenze.
Ralph si presenta agli occhi di Marc come un maniaco sessuale, Stanley un approfittatore del suo ruolo di cercatore di talenti, i figli tutti troppo piccoli per essere lasciati da soli, ma troppo grandi da risultare persino affascinanti agli occhi degli adulti o, peggio ancora, in certi casi, oggetto del loro desiderio. Caroline, Judith ed Emmanuelle impersonano il ruolo delle mogli felici, con nel cassetto, però, il sogno di trovarsi un amante che le possa capire.
E’ difficile aggiungere un pezzo in più, sia pur microscopico della trama, perché rischierebbe di rivelare la suspense che l’accompagna. L’autore, infatti, è stato tanto bravo da riportare, nelle prime pagine, l’epilogo della fabula, dedicandosi poi, nell’intera parte restante del libro, a scandagliare gli antefatti, prendendo spunto un po’ dagli avvenimenti ed un altro po’ dalle riflessioni a voce alta del suo protagonista. Tutto ciò, pretendendo una compartecipazione dal lettore implicito, al fine di poter giungere ad una conclusione che, altrimenti, si direbbe monca. Di certo, quel che si può dire, è che vi è un crescendo di avvenimenti ed un intensificarsi di fatti che tiene sempre alta l’attenzione e la voglia di sapere come andrà a finire.
Nel mio intimo sono convinto di aver letto un ottimo romanzo, come non se ne leggono di frequente. Così come - devo pur dire - ho trovato l’opera ben più apprezzabile del blasonato “la cena”, con cui l’autore si è fatto conoscere al grande pubblico e che al confronto, per quanto originale e penetrante, mi è risultato un po’ troppo artefatto e lento.

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