giovedì 24 febbraio 2011

Andrea Vitali, “Il meccanico Landru”.

Alcuni libri sono tanto belli che meritano di essere riletti. Altri, sono così belli che meritano addirittura di essere riscritti.
E’ il caso del Meccanico Landru, l’ultimo libro di Andrea Vitali, che era stato già pubblicato nel 1992, prima di un’innumerevole quantità di opere che hanno suggellato il successo dell’autore e che hanno riscosso premi e riconoscimenti di ogni sorta. Ma il Meccanico Landru del 2010 non è una mera ristampa (almeno così apprendo, dato che non ho avuto il piacere di leggere la prima versione) quanto una rivisitazione della prima stesura alla quale sono state fatte aggiunte significative.
Se volete sapere la mia, io l’ho trovato assolutamente straordinario.
Forse l’autore sentiva la nostalgia dei personaggi usciti fuori dalla sua penna, così reali e attaccati alla loro parte, che ha sentito il bisogno di farli rivivere. E, in effetti, nonostante uno stile quasi telegrafico, tal che ogni capitolo non supera in media le due-tre pagine, non si può non immaginare che ciascuno di loro abbia avuto effettivamente vita e che si sia comportato ed abbia agito come Vitali magistralmente lo ha rappresentato.
E poi che dire della vicenda narrata? E’ una mescolanza di avvenimenti, circostanze ed episodi, intrecciati tutti fra loro sin dalle prime pagine e che procedono tutti di pari passo in maniera chiara ed avvincente verso un epilogo intuibile ma non per questo scontato.
Siamo a Bellano, piccolo comune italiano, all’inizio del 1930. I costumi, le usanze, le abitudini e perfino le aspirazioni della gente comune, del popolo, sono esattamente come ce le si immagina (o forse alcuni ricordano). Al confronto col tempo presente, sembra di avvertire un’aria serena, nonostante le scaramucce o le piccole sopraffazioni, che attinge alla semplicità della vita. Basti pensare che il romanzo comincia con l’attesa dei festeggiamenti per le nozze del principe Umberto II di Savoia con Maria José (8 gennaio 1930), ma non quelli avvenuti nella cappella Paolina del Palazzo del Quirinale a Roma, quanto quelli che il popolo di Bellano avrebbe riservato a sé in onore degli sposi, con balli, tartine e buon vino di botte.
Nell’attesa della festa, giungono in paese alcuni operai addetti al montaggio di macchinari nuovi nel cotonificio che rappresenta l’industria trainante dell’economia del paese. Fra questi operai c’è il meccanico Landru, il quale viene visto da subito con sospetto, sebbene proprio lui sia l’unico che non partecipi alla rissa che fa finire la festa delle nozze in fumo.
Il suo primo difetto (primo in ordine cronologico) è il nome, che richiama alla memoria Henri Landru, l’assassino seriale francese che venne giustiziato nella prima metà degli anni ’20 (e, dunque, non molto tempo prima i fatti raccontati), ma dopo il nome se ne cominciano ad assommare tanti, provocati dal suo atteggiamento sfrontato, approfittatore e non da ultimo dalla fortuna che lo porta sempre a farla sempre franca.
Attorno a questo personaggio un po’ amato e un po’ odiato, utile e parassita, che non può dirsi “principale”, essendolo tutti, o quasi, in egual misura, ruotano gli altri. C’è ad esempio il direttore del cotonificio, che si trova a dover fare i conti con la politica, con l’utile dell’azienda, ma anche con le esigenze dei suoi dipendenti, in particolar modo adesso che i nuovi macchinari si sostituiranno, com’è prevedibile, a molti di loro. Poi c’è la sua segretaria, amante del progresso, idealista e pronta a fuggire per mete oltreoceano col Landru e che, in nome di un amore che cela un interesse (dall’una e dall’altra parte), per quest’ultimo diventa spia, ladra e gentildonna. E poi ci sono ancora il fratello della segretaria, fascista per necessità e bamboccione; il prevosto del paese, coi suoi consigli e la sua grazia; il capostazione che non ci vede chiaro in niente; il maresciallo suo confidente; il prodigo medico del paese e tanti altri, ma soprattutto il leader locale del partito nazionale fascista, che si muove tra gli sberleffi di un tesserato suo subalterno e la paura di non dispiacere al partito.
Amori veri, ideali sprecati, sogni irrealizzabili e forse un pizzico di ironia su un potere accentratore e autoritario che ha avuto la meglio nell’Italia di quegli anni. Tutto questo e tanto di più si legge nel Meccanico Landru, lasciandosi appassionare dalle gesta dei personaggi, dalle loro storie anche bizzarre e da una strana voglia di esserci voluti essere, con loro o con altri come loro, almeno per un giorno, per avere idea di come davvero si viveva.

1 commento:

  1. Io amo il lago di Como ma il leggerlo paragonato alla pelle di un fico mi ha fatto rabbrividire. Secondo il mio modesto parere, il libro "La mamma del sole" non è stato scritto da Andrea Vitali. Anche la trama (se di trama vogliamo parlare) è inesistente. Staticità e noia sono le caratteristiche più evidenti di questo libro che, a mio avviso, non è stato scritto da Andrea Vitali. Non può essere stato scritto da Andrea Vitali.
    Gianmario Ancarani

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