martedì 20 settembre 2011

David Nicholls, “Le domande di Brian”.

Dopo la pubblicazione in Italia di “Un giorno” (che io ho recensito in questo blog), quest’anno, la Beat Edizioni ha pensato di fare un regalo al pubblico italiano andando a rispolverare il romanzo di esordio di David Nicholls, dal titolo “Starter for ten”, uscito per la prima volta nel Regno Unito nel 2003. A quasi un decennio di distanza, dunque, possiamo avere il piacere di ripercorrere i primi passi di un autore che, se non è ancora considerato fra i grandi, certamente lo sarà presto.
Il libro, in Italia, è stato intitolato “Le domande di Brian” ed è un regalo, davvero, assai gradito. Brian è un giovane studente al suo primo anno di università. Orfano di padre e figlio unico di una madre molto apprensiva, ha grandi aspettative dalla sua esperienza nel nuovo ciclo di studi; aspettative che non riguardano solo il raggiungimento della laurea ed una conoscenza più elevata, ma che interessano specialmente la sua sfera privata, il modo di stare al mondo e di confrontarsi con gli altri. E’ il 1985 in una Inghilterra in cui, oramai, messa alle spalle persino la guerra nelle Isole Malvine (per i filobritannici, nelle Falkland), la preferenza per l’uno o per l’atro partito politico comincia ad apparire più una presa di posizione fine a sé stessa che non l’adesione ad un vero ideale nel quale riconoscersi e col quale schierarsi proficuamente. I giovani universitari, però, sentono molto il senso dell’appartenenza e si identificano con i conservatori o coi liberali, confrontandosi in una dialettica fin troppo spesso piena di ipocrisie, che li contrappone. Essere moderati, o ancor meglio, com’è nel caso di Brian, degli indecisi (o degli imbranati) può significare trovarsi nel mezzo, ossia fuori luogo e incapaci di essere ascoltati. Lo stesso avviene per chi, come ancora una volta Brian, nel rapporto con l’altro sesso, ha raggiunto la maturità senza avere alle spalle un sufficiente bagaglio di esperienze. Gli altri sembrano tutti consci sul da farsi, aderendo ad uno o ad altro modo di essere, mentre chi è rimasto indietro non può che fare affidamento sulle sue sole forze per riemergere e riportarsi alla pari con gli altri. Nello sforzo di comprendere il mondo che lo circonda, di non volere deludere chi gli sta a cuore né fare salire nessuno in cattedra, Brian completa il suo processo di maturazione, verificando però sul campo che il cammino verso una nuova fase della vita, non solo è difficile, molto più difficile di quanto non abbia immaginato prima, ma rischia anche di rendere vano quel tanto o quel poco di buono che ha creato fin lì.
Chi ha già letto “Un giorno” ritroverà lo stile inconfondibile del suo autore, senza peraltro doversi accontentare del linguaggio più farraginoso o meno eloquente tipico di uno scrittore ancora incapace di sfruttare al meglio le sue doti. L’opera anzi, si caratterizza per la completezza e l’accuratezza dei particolari ed è dotata, se vogliamo, anche di una raffinatezza che è generalmente tipica di chi conosce bene la sua arte e la sa trattare con disinvoltura.
Inoltre, e soprattutto, ritroverà la capacità di Nicholls di saper far crescere i suoi personaggi, descrivendo il divenire dei caratteri che sono loro propri. Del resto, questo è il romanzo di un’evoluzione, di una crescita interiore, di un confronto con la realtà nel quale un passo avanti in una direzione può dire farne due indietro in un’altra e viceversa. Direi che è la perfetta opera anticipatoria di “Un giorno”, la bozza (perfettamente riuscita) di un’opera ancor più grande e di più difficile composizione.
Quale opera introspettiva, “Le domande di Brian” non poteva che essere narrata in prima persona dal suo protagonista, al quale l’autore, che per lui ha strategicamente pensato, con effetto, al tempo presente, fa recitare la parte con numerosi discorsi diretti, frammezzati da manifestazioni interiori del pensiero, il più delle volte dubbi, che però non si succedono mai in maniera convulsa. Gli altri personaggi entrano nella scena o perché si esprimono anche loro in maniera diretta o perché Brian li ritrova dinanzi a sé e ne interpreta gli atteggiamenti.
Ironico, a tratti persino comico, profondo più di quanto non s’immagini a prima vista e stramaledettamente vivo, è un libro che consiglio a tutti, soprattutto perché, voltata l’ultima pagina, chiunque non può trovarsi che a riflettere su quanto di Brian c’è in sé.

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