martedì 9 agosto 2011

C.W. Gortner, “Le confessioni di Caterina de’ Medici".

Caterina de’ Medici, la nobile fiorentina vissuta nel XVI secolo, divenuta sposa di Enrico II di Francia e rimasta vedova sin da giovane è raccontata in chiave rivalutativa nel nuovo romanzo dell’autore spagnolo C.W. Gortner. La sua figura, infatti, viene generalmente ricordata come quella di una monarca austera, dedita alla stregoneria e soprattutto sanguinaria, che, essendosi trovata a reggere il potere al posto dei figli, succeduti al padre in età che non gli consentiva di governare, ha approfittato della posizione assunta per perseguire scopi personali, in modo affaristico, egoistico e insensibile alle necessità del popolo. In particolare, la si ricorda per essere stata, nel periodo sanguinoso caratterizzato dagli scontri di religione fra i cattolici e gli ugonotti, come parte, se non persino mandante, della strage passata alla storia col nome della Notte di San Bartolomeo. Così, però, non è nel romanzo in cui, grazie una chiave di lettura diversa, la sua figura viene decisamente redenta e dipinta, anzi, come una delle più eminenti e simboliche dell’epoca.
Forse anche per queste ragioni, gli amanti della storiografia troveranno “le confessioni” un libro ricco di imprecisioni, lacunoso, forzato e certamente inutilizzabile ai fini storicistici. E’ pur vero, tuttavia, che manca del tutto la pretesa di offrire al lettore un’opera che, pur riecheggiando nel suo sfondo avvenimenti realmente accaduti, si definisca storica, mirando semmai ad ammantare, anzi a mescolare, la finzione con fatti veri, ancorché reinterpretati, al fine di rendere al tempo stesso un racconto plausibile e più interessante. La miglior dimostrazione di ciò è data dal fatto che la narrazione è lasciata in prima persona alla stessa Caterina de’ Medici, come se, cioè, quest’ultima si raccontasse in un suo diario personale, che sarebbe ora stato riscoperto e dato alle stampe. E, nel diario immaginario di Caterina de’ Medici quel che si legge sono soprattutto i moti dell’anima, i proponimenti, le sensazioni, le aspirazioni, i sogni o le delusioni vissute dalla sua (immaginata) autrice, mentre gli avvenimenti che hanno riguardato la sua persona e il ruolo che la stessa assunse in Francia e nel contesto europeo figurano come la causa o la conseguenza di quegli stati d’animo.
In tal modo, nelle memorie di Caterina, sono rievocati i patti di alleanza strategica per il controllo del territorio intessuti da prìncipi, re e altri nobili di alto lignaggio, che - ove le mere promesse non bastano a farli nascere - sono suggellati da matrimoni combinati tra i loro successori, pur se in età adolescenziale. Poi, si ritrovano l’odio e l’inaudita violenza insorti fra i seguaci della Chiesa di Roma e i seguaci del pensiero di Calvino, sottolineandosi nei patimenti di Caterina, come (ancor oggi, ahimé avviene) le divergenze religiose vengano strumentalizzate da chi tiene in mano le redini del potere, a suo esclusivo uso e consumo, anche semplicemente allorché i buoni propositi comportino un tale sacrificio personale che, alla lunga, non può più tollerarsi. E, infine, si assiste alla presenza di un potere forte, non ufficiale né formalizzato, che si pone al lato di quello, per contro, ufficiale e formale, e che è talmente influente da porsi in concorrenza con quest’ultimo, se non anche in contrapposizione, destabilizzandolo allo scopo di poterlo sovvertire.
In un libro certamente interessante, se non altro, per chi non ricorda o non conosce la storia o vuole semplicemente rimmergersi in essa (pur con senso critico), la trattazione purtroppo appare un po’ deludente. E’ vero che all’autore sarà risultato difficile concentrare in un romanzo di poco meno di cinquecento pagine l’intera, e tanto travagliata, vita di Caterina de’ Medici, ma è anche vero che in molti tratti, che pur richiedevano (a mio giudizio) un’illustrazione appassionata o densa, il discorso fila liscio senza rispettare le naturali aspettative del lettore. Ciò, per non dire di alcune lacune, a cui forse deve rimediarsi riprendendo in mano il libro di storia, e di altre che lasciano col dubbio che l’autore, nel suo intento redentista, si sia più volte trovato ad affrontare gli ostacoli della verità storica e a superarli con mal riuscita nonchalance.
Nel complesso, il libro piace ma senza esagerare.

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