lunedì 27 dicembre 2010

Gleen Cooper, “La biblioteca dei morti”.

E’ raro che legga libri gialli, ma ogni tanto mi ci tuffo assaporandone tutto il sapore come dell’acqua di una fontana rinfrescante in una calda domenica d’agosto.
E’ un dato di fatto: i thriller, i noir, i polizieschi, i gialli, e tutti gli altri generi che si avvicinano a questi non mi lasciano nulla, dopo averli letti, che valga la pena di ricordare, ma non nego che mi piacciono da impazzire, perché già dalle prime pagine vengo come preso da una curiosità morbosa che mi trascina inesorabilmente fino alla fine. Del resto, questo è il compito dei giallisti e guai se non fosse così!
La biblioteca dei morti non saprei se collocarlo tra i polizieschi o tra i thriller, o, più genericamente, onde evitare il rischio di irritare gli amanti del genere, fra i gialli (anzi, se qualcuno vuol colmare la mia incertezza, qui può farlo e gliene sarò grato). Di sicuro, i morti ci sono e c’è pure la polizia di mezzo, compreso il famigerato FBI, che ne cerca il responsabile. Ma ci sono pure presenze oscure, che sembrano essere messaggeri dell’aldilà e riti offensivi per il genere umano, che vengono perpetrati ingenuamente per fini religiosi.
Will Piper è il classico detective dell’FBI all’americana: scanzonato, beone, donnaiolo, che non tollera le prevaricazioni dei suoi superiori, ma anche il primo fra i suoi colleghi in intelligenza e capacità di risolvere i casi. Per queste ultime qualità viene scelto per risolvere il caso di un presunto serial killer che, in modo del tutto originale, annuncia anticipatamente alle sue vittime la data della loro morte tramite l’invio di una cartolina postale. Accanto a Will viene messa la detective Nancy Lipinsky, che da principio appare odiosa e con tutta l’aria di volere fare la prima della classe, ma che col tempo imparerà a farsi conoscere diversamente fino al punto che, anche qui in maniera quanto più americana possibile, finirà per farsi amare dal suo capo.
La coppia va avanti nelle ricerche, con pochi elementi fra le mani, affidandosi soprattutto al sesto senso di Piper, mentre, tra un capitolo e un altro, vengono intercalati eventi apparentemente diversissimi, risalenti ad altre epoche storiche di settanta, ottocento e persino milleduecento anni prima. Sennonché, a poco a poco, proprio gli eventi accaduti nel passato finiscono inesorabilmente per dare (da principio solamente al lettore) la chiave di lettura per la soluzione del caso.
Tutto sarebbe semplice, dunque, per la mente acuta di Will, se non ci si mettessero di mezzo le invidie degli amici, gli ordini provenienti da oscuri superiori e da ultimi, ma non per ultimi, il segreto di stato e la sicurezza della nazione, che lo portano a diventare in poco tempo da investigatore intoccabile a ricercato numero uno.
Non mi stupirei se sentissi dire che della biblioteca dei morti ne stanno facendo un film, non perché credo che meriti di essere divulgato anche sotto quella forma, ma molto più semplicemente per l’interesse economico che immagino si porti dietro, dato il gran successo che, a quanto pare, il libro ha avuto sin dal suo esordio. D’altronde, è anche chiaro che se n’è voluto creare una caso letterario, visto che nelle librerie, dopo neanche un anno, dal mese di maggio del 2010, c’è già il cosiddetto sequel della storia, che si riallaccia ad alcuni particolari, qui insignificanti, ma che per i più bramosi, non hanno avuto una completa descrizione.
Chi fosse così curioso, cerchi “il libro delle anime”, dello stesso autore. Io, forse tra qualche mese, in queste pagine, mi troverò a parlare anche di quello. Chi lo sa?!

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