mercoledì 24 novembre 2010

Umberto Eco, “Il cimitero di Praga”.

A volte ci si trova in imbarazzo nel leggere romanzi, sia pur di fantasia, che sottintendono o che si riportano ad avvenimenti realmente accaduti e a personaggi o a luoghi consacrati dalla storia. O almeno, questo è quel che succede a me tutte le volte che riemergono le mie lacune in materia. L’ultima volta è capitato quando ho dovuto fare i conti con la storia d’Italia e d’Europa della fine del XIX secolo, nel leggere il Cimitero di Praga.
Eh già, perché il cimitero di Praga narra la storia di un uomo, frutto della fantasia del suo autore, che ha vissuto da vicino avvenimenti come lo sbarco dei mille e l’unificazione dell’Italia o la guerra franco-prussiana e la caduta del secondo impero francese con la conseguente restaurazione della repubblica, venendo a contatto, per un motivo o per un altro, con tutta una serie di uomini che invece sono realmente vissuti.
La trattazione è originalissima: il protagonista del romanzo, Simone Simonini, si sveglia da uno stato di smarrimento in cui non riesce neppure a ricordare chi è veramente. Sennonché, nel tentativo di ricostruire la sua vita scrivendo un diario che ripercorra le vicende passate, le persone conosciute, ma anche le ambizioni e i risultati ottenuti nel corso degli anni, si trova a rivelare la sua versione i ordine ai complessi intrecci ed ai meccanismi che hanno fatto muovere e crescere tutto il movimento sotterraneo che si è espanso in Europa fino ai due conflitti mondiali.
Dall’evolversi del racconto, infatti, viene fuori che Simonini è cresciuto come uno dei più insigni falsificatori di atti pubblici (o di interesse pubblico) al soldo dei massoni, della chiesa cattolica e dei servizi segreti, e che grazie ai suoi lavori è stato possibile persino condurre trattative internazionali, dichiarare guerre e sollevare popoli.
Simonini, però, rimane sempre fuori dalle dinamiche che si determinano grazie al suo intervento, anche se coltiva un’ambizione personale, che è quella di mettere in circolazione dei documenti da sé inventati, in parte attingendo alla fantasia ed in parte ricostruendo ad arte avvenimenti di dubbia provenienza storica, che lui stesso chiamerà i protocolli di Sion. L’ambizione per Simonini è di natura economica, anche se, per una ragione che non ricorda, ma che si lega all’affetto per il nonno che lo ha cresciuto, non disdegna l’effetto che la loro pubblicazione può suscitare. I protocolli da lui concepiti, infatti, rappresenterebbero la prova della cospirazione del popolo ebraico per la conquista del mondo civilizzato e, così, la loro diffusione provocherebbe una reazione ostile verso la stirpe giudaica che suo nonno, chissà perché, tanto odiava.
Dall’ambizione di Simonini, che si destreggia in un mondo in cui sembra che si faccia persino a gara per chi deve mettere per primo in circolazione un finto documento originale nell’interesse dell’una o dell’altra parte della barricata, si vanno facendo via via sempre più evidenti gli insegnamenti che la storia del secolo XIX e di quello che ha preceduto il nostro ci ha lasciato. In primo luogo, purtroppo, che non c’è cosa migliore per tenere in pugno un popolo che condividere con lui l’odio verso un nemico comune e che questo odio se non è motivato, può essere quantomeno provocato, indotto; inoltre, che se il nemico è ricco e potente, l’odio potrà essere ancor più grande; e poi ancora che se si smarrisce ogni riferimento con la storia, gli avvenimenti reali, la concretezza di tutti i giorni, si rischia di perdere di mano la situazione, con effetti quasi certamente catastrofici.
Così è stato per il Protocollo dei savi di Sion, alla cui elaborazione ha certamente partecipato il personaggio immaginato da Umberto Eco nel Cimitero di Praga. Tale documento è, infatti, tristemente noto alla storia come falso, ma tanto falso che, come si sostenne da parte di chi ne aveva interesse, non può essere contestato. Ed è per tale ragione, anche, che milioni di ebrei vennero uccisi nei campi di sterminio durante il nazismo.
Ho trovato il libro degno del suo autore. Semplicemente, un capolavoro. E’ illuminante e piacevolissimo da leggere.

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