mercoledì 17 novembre 2010

Karl Ove Knausgard, “La mia lotta - vol. 1”

Mi sono ritrovato più volte a chiedermi, mentre leggevo “la mia lotta”, cosa ci fosse di così tanto bello nel romanzo da farmelo sembrare coinvolgente e, altrettante volte, non sono riuscito a darmi una risposta. Tanto meno credo che riuscirò a darmela adesso, una settimana dopo che ne ho finito la lettura e che sono riuscito a distogliere l’attenzione, non senza nostalgia, dal racconto di una vita, diversa dalla mia, ma resa alquanto comprensibile.
Sarà forse la semplicità sulla quale poggia l’intera narrazione, a cui quest’ultima sembra essere ispirata, o forse la curiosità di vedere fino a che punto si è spinto l’autore nel rievocare con precisione dettagli della sua vita altrimenti insignificanti, non saprò dirlo mai, restando certo soltanto il dato che il primo volume dell’opera ha suscitato in me le emozioni che solo un autore accorto riesce a dare al suo lettore.
Nella mia lotta, il presente e il passato dell’autore, che ne è anche protagonista, si fondono dando sfogo alla contemplazione della sua vita. In ciò, quel che colpisce è la constatazione, mai apertamente rivelata, di come a volte episodi piccoli ed apparentemente insignificanti svolgano un ruolo di prim’ordine nella formazione del carattere di ciascuno.
In tal senso, accanto ai veri drammi o i patemi d’animo, le insicurezze e le paure, vissuti nell’età adolescenziale, vengono fuori i racconti di serate qualunque, una immagine vista in televisione e altre banalità risalenti a decenni prima, ma rivissute tra i ricordi più vividi, che dominano la scena e suscitano in Karl Ove interrogativi o giustificazioni sul suo comportamento.
Tutto quel che, da principio, sembra essere narrato senza uno scopo, che non sia quello, apparente, di rievocare il passato, a poco a poco assume una valenza diversa, fino a rendersi interamente necessario alla comprensione del romanzo. Come dire che ogni dettaglio, se è stato espresso, rievocato e persino commentato e sottolineato, ha meritato il posto che riveste per un fine ultimo a cui si giunge senza fretta.
Il primo volume dell’opera, che nella sua interezza apprendo essere di sei volumi (quattro dei quali solamente sono stati pubblicati nel paese d’origine dell’autore), s’incentra attorno al rapporto di Karl Ove Knausgard col proprio padre, in un crescendo di sentimenti che, man mano che la storia va avanti, vengono sempre più sgrezzati dalle ipocrisie, dalle contingenze o dalle interferenze dovute al significato non sempre univoco attribuito, appunto, agli episodi del passato, divenendo sempre più puri.
Per queste ragioni, mi trovo adesso ad attendere con ansia il seguito della storia che, in assenza di qualunque indicazione, ahimè non so nemmeno quando uscirà.

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