giovedì 14 ottobre 2010

Diego De Silva, “Mia suocera beve”.

Dopo averci stregato con “non avevo capito niente”, Diego De Silva propone un secondo episodio di Vincenzo Malinconico, l'avvocato napoletano che vive in bilico fra l'odio e l'amore della sua professione e che non si fa conquistare mai dalle mode, dai pettegolezzi o dalle convenzioni, apparendo a volte burbero e a volte eccessivamente sarcastico, ma riuscendo più spesso ancora a risultare a tutti adorabilissimo.
Questa volta Vincè, come lo chiama la figlia della ex moglie, si trova alle prese con un caso assolutamente anomalo, pur se dai risvolti decisamente attuali: mentre gironzola senza una meta fra i banconi di un supermercato, al suo fianco si sta consumando un dramma. Un padre, l'ingegnere Romolo Sesti Orfeo, vuole vendicare l'uccisione del figlio, avvenuta per mano della camorra, sequestrando e processando in diretta tv colui che ha esploso il colpo mortale. Il camorrista, infatti, continua a circolare tranquillamente per le strade, pur essendo formalmente un ricercato, e quel giorno a quell’ora sta giustappunto scegliendo il suo yogurt preferito nel banco frigo.
L'assurda vicenda è narrata in prima persona da Vincenzo Malinconico, che non si trattiene dal fare, pubblicamente o solo nella sua testa, tutte le considerazioni che la circostanza, vissuta istante per istante, gli porta alla mente. In tutto ciò, com'è nello stile del personaggio, c'è spazio per lunghe digressioni e divagazioni di psicologia spiccia e filosofia da corridoio che si riportano ad episodi della vita di Malinconico, riguardanti soprattutto i suoi rapporti con gli altri e il suo essere unico in un contesto che, a volte, sembra persino non capirlo.
Il libro si legge come un raccontino ironico (anche se, da questo punto di vista, personalmente, ho preferito “non avevo capito niente”), ma non si può non recepire al tempo stesso la posizione dell'autore su alcuni temi attuali e non. Vedi ad esempio quello più evidente della scarsa fiducia riposta nella giustizia italiana e, per converso, del crescente interesse verso i processi fatti in piazza attraverso i media, oppure quello della fama immeritata portata dalla visibilità mediatica, o ancora quello delle difficoltà che s’insinuano nei rapporti col prossimo, persino quando si è sinceri (c’è sempre una virgola che può danneggiare un intero sistema).
Il linguaggio usato, le pause e i tempi contribuiscono a rendere la lettura - che consiglio - sicuramente piacevole.

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