
Libri così lasciano esterrefatti
il lettore, lo ammaliano e lo sfiancano al tempo stesso; lo privano persino
della possibilità di intervenire con una propria filosofia e immagine della
vita ad interpretare quella degli altri. Con sapienza, però, e un po’
d’audacia, ben presto offrono al lettore anche le loro pagine mancanti, dove
quel che non è scritto può essere cercato altrove e se da nessun’altra parte se
ne riescono a trovare le tracce, può essere finalmente immaginato.
In genere, non mi lascio
conquistare tanto facilmente dai libri voluminosi come questo, che di pagine ne
conta oltre seicento, specie quando non ne conosco l’autore, ma questa volta,
forse perché invitato da una sana curiosità sulla storia di un paese come il
Portogallo, di cui si parla pochissimo, la scelta del libro è stata pressoché
spontanea. Dopo aver dato una scorsa alla quarta di copertina, infatti, credevo
che avrei affrontato un romanzo storico per eccellenza, in cui accanto ad una
trama frutto della fantasia del suo autore sarebbero emerse le vicende e le
ideologie che hanno accompagnato il Portogallo per buona parte del XX secolo.
Immaginavo, in particolare, di potermi addentrare nei meandri del regime di
Salazar così come fra gli ideali e i movimenti sovversivi che avrebbero portato
alla cosiddetta rivoluzione dei garofani.
Invece, non senza sorpresa, mi
sono trovato fra le mani, come dicevo, la storia di una famiglia. Una famiglia come
tante. Con i suoi momenti di gioia e i suoi dolori. Con le verità tenute
nascoste e le incomprensioni che nascono fra chi si vuole bene e non sempre sa
esprimere i suoi sentimenti. Con i drammi che si portano avanti per tutta una
vita ma a cui si finisce col farci il callo o, quanto meno, che si finisce col
sapere affrontare dal verso più giusto. Una famiglia, cioè, che avrebbe potuto o
che potrebbe esistere in molte altre parti del mondo che non siano solo il
Portogallo.
La storia del di questo paese, i
luoghi che lo contraddistinguono e le sue usanze, insomma, sono ridotti
all’osso, ma la sorpresa, pur se vissuta inizialmente con dispiacere, ha saputo
conquistarmi a poco a poco.
Fortemente introspettivo, il libro
affronta i temi sempre attuali come quelli del mistero della morte e dei
rapporti familiari, con particolar riguardo a quelli fra le madri e i propri
figli.
A tratti duro, a tratti
velatamente critico, non monta mai in cattedra, pur quando addita il lettore
come uno responsabili del cattivo uso dei sentimenti e delle capacità umane
nella società moderna. A tratti sembra non potere non risentire dell’esperienza
d’una vita vissuta e raccontata man mano che i pensieri e le sensazioni si siano
accumulate una sull’altra. Forse l’esperienza della sua stessa autrice. E
magari chi lo sa se, almeno in parte, non sia davvero così. Diversamente, al
plauso che va fatto alla sensibilità e capacità di far entrare il lettore nella
vita dei protagonisti dovrebbe aggiungersi anche quello di aver saputo, prima
ancora di scrivere, immaginare un fiume in piena di moti dell’animo, da inframmezzare
solo con quasi accennati ma significativi eventi.
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