lunedì 4 aprile 2011

Andrew Sean Greer, “La storia di un matrimonio”.

In vista di un evento particolarmente importante nella mia vita (che non ho bisogno di rivelare al buon intenditor), mi è stato regalato questo libro. Chi me lo ha donato, però, forse, pensava che narrasse la storia di un matrimonio-tipo, nella sua alternanza fra gioie e dolori, fatta col prevedibile sarcasmo e l’ironia tipici di una commediola nordamericana.
Invece, la storia del matrimonio di Pearlie Cook, raccontata da lei, protagonista principale, in prima persona, è tutt’altro che leggera.
Quel che si legge nella quarta di copertina, in effetti, rischia di mandare fuori pista chi non lo ha ancora letto. Lì ci si domanda (ma sembra proprio che la cosa sia detta in termini ironici) “perché, leggendo La storia di un matrimonio, ci sentiamo invadere da un’ansia arcana, da un senso di vertigine e di smarrimento, come davanti a certe atmosfere torve di Edgar Allan Poe? … Sarà … per la dolorosa lucidità con cui la narratrice riesce a indagare la distanza che separa ciascuno di noi dagli altri? O perché a ogni pagina ci chiediamo: come fa a sapere tutte queste cose di noi?. Ma, come ho detto, le cose stanno diversamente.
Con ciò, non sto dicendo, si badi bene, che i modi di fare e di pensare che vengono rappresentati non siano quelli tipici americani. La storia stessa, anzi, per la sua peculiarità, che non posso certo svelare, perché costituisce l’elemento cardine del romanzo, non poteva che compiersi in quel mondo costruito a forza di contraddizioni e ipocrisie.
Però, l’eco di una guerra che non sembra dovere mai finire, la continua evidenziazione fra uomini di un colore e uomini di un altro, l’importanza della suddivisone dei ruoli fra maschio e femmina, uomo e donna, marito e moglie se non appaiono elementi originali per chi in quel mondo non vi ha mai vissuto, sono rappresentati con una tale maestria che non si può che riconoscere l’alto livello dell’opera.
In particolare, personalmente, ho molto apprezzato lo stile narrativo perché, pur non affidando la sua forza attrattiva all’avvicendarsi degli eventi, riesce ad affascinare con la sola descrizione dell’evoluzione delle sensazioni della protagonista, dei suoi diversi modi di vedere le cose, di accettare la realtà e di provare a modificarla con le proprie forze.
Non è sempre facile saper trovare la forza e il coraggio di reagire, di fronte alla previsione di un evento drammatico che sta per realizzarsi; ma, dovendolo fare, Peralie Cook impara a sue spese che il modo migliore per subire meno danni possibili è assecondare la realtà nascente, traendone tutto il poco di buono che ne può derivare. E, in questo tentativo, mentre l’autore ruota continuamente la sorgente luminosa nei trecentosessanta gradi attorno a Pearlie, il lettore, recependone il silenzioso strazio, si trova a fare il tifo per lei, cercando di appigliarsi a qualunque segnale, proveniente dal passato o dal presente, per continuare a credere che, alla fine, uscirà vincente dall’esperienza narrata nel libro.
In quest’ottica, ritengo che anche la scelta del racconto in prima persona sia il più giusto, dato che crea un rapporto diretto fra protagonista e lettore, trasformando quasi la lettura in un’attività partecipata.
Il romanzo comincia con l’affermazione di Pearlie Cook per cui “crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo” ed è poi tutto incentrato sull’amara presa di coscienza che, in realtà, così non è. Resta solo da scoprire, in un’attesa ottimista che sembra quasi lasciata per gentile concessione dell’autore, se però alla fine, la conoscenza dell’amato, che uno ha acquisito col tempo, serva a qualcosa o resti una mera opinione affidata al vento.
Io ci ho creduto, fino all’ultima pagina.

2 commenti:

  1. “crediamo tutti di conoscere le persone che amiamo”. Tutto qui.
    E' per questo, caro Lelio, che, In vista di un evento particolarmente importante nella tua vita– per come hai scritto – ti ho regalato il libro che racconta la storia di Pearlie Cook.
    Sono contento che ti sia piaciuto.
    Alessio

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  2. Eilà, grazie del commento... e del libro!

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