“Il 31 del mese di agosto”, di un anno che il titolo originale del romanzo non svela, avvenne un fatto accidentale che ebbe una eco enorme nella collettività, tale da indurre gli animi di mezzo mondo a riflettere sull’importanza di una vita.
I protagonisti noti di quell’evento (ove “noti” qui sta sia per “personaggi pubblici” che per “protagonisti di cui si è accertata la presenza sul luogo dei fatti”) furono così sfortunati da morire prima di potere raccontare la loro versione. Ma, nell’immediatezza, qualcuno ebbe la prontezza di rivelare che, oltre a loro, qualcun altro certamente era stato presente e aveva visto coi suoi occhi quel che era successo. Qualcuno che, pur essendo stato coinvolto dall’evento, era riuscito a vivere, ma si era dileguato nel mistero più profondo, facendo perdere, ancor più misteriosamente, le sue tracce.
Con un romanzo brillante, uscito per la prima volta in Francia nel 2003, e dunque prima del più famoso “la libreria del buon romanzo”, Laurence Cossé racconta alla sua maniera le ore, i giorni e i mesi successivi alla morte della principessa Diana avvenuta il 31 agosto del 1997, a seguito di un tragico incidente automobilistico avvenuto dentro il tunnel dell’Alma. Le racconta, affidandosi intermente alla sua fantasia, seguendo quasi come con una telecamera nascosta quel personaggio misterioso che ebbe la sventura di assistervi in prima persona, che chiama in maniera semplice col suggestivo nome di Lou.Al di là delle conseguenze dell’incidente, infatti, le indagini sulle sue cause ritennero di accertare che l’auto in corsa su cui viaggiava Lady D. aveva dapprima urtato contro un’altra auto, che procedeva ad andatura regolare, una Fiat Uno bianca, che tuttavia non è mai stata ritrovata e il cui autista, tanto meno, è stato mai identificato. Quell’autista, nel romanzo della Cossé, è Lou, una ragazza modesta, senza grilli per la testa, felice della sua vita normale e capace di compiacersi delle sue piccole conquiste.
Quando avevo parlato della “libreria del buon romanzo” ne avevo apprezzato soprattutto l’originalità e la capacità dell’autrice di rappresentare fatti inventati in modo tanto realistici da indurre a pensare che l’autrice lo avesse vissuto in prima persona. Le stesse cose direi adesso per “l’incidente”, con l’aggiunta, forse anche condizionata dal raffronto con l’altro, che essendo anteriore, tali caratteri non sono qui ancora compiutamente affermati, ma rivelano decisamente la maestria che avrebbe portato l’autrice a distinguersi oggi.
Quel che è certo è che, rappresentare uno stato d’animo, in un crescendo di emotività, di dubbi, di decisioni prese in extremis e che non consentono di potere tornare indietro, non dev’essere stata un’impresa facile. Tanto più quando, sia pur in modo marginale e non dichiarato, fra gli intenti dell’autrice vi è quello di suscitare un’opinione innocentista nei lettori e molti di questi hanno già, presumibilmente, puntato il dito contro quella maledetta macchina-ostacolo che Lady D. si sarebbe trovata sulla sua strada.
Al di là di ciò, è comunque chiaro un altro messaggio, che mi piace trovare non-scritto nel titolo del romanzo: qualunque evento, bello o brutto, noto alle cronache o rimasto del tutto ignoto al pubblico, se ti tocca da vicino è tale da stravolgerti completamente la vita. Ma soprattutto, per quel che più importa, quell’evento può giungere in qualunque momento, come per Lou è arrivato in un qualunque giorno 31 di un mese di agosto, che poi solo il destino ha voluto far diventare il 31 agosto 1997. In quest’ottica, cambiare il titolo del romanzo non credo che sia stata una felice idea; indagare poi sul perché l’editore italiano lo abbia fatto diventa un’indagine impossibile.
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