Mi ero trovato a indugiare sul titolo di questo libro e in particolare sull’aggettivo “incorreggibile” anteposto ad “ottimista”. Non avevo idea del perché fosse stato scelto quello e non, ad esempio, il suo sinonimo “inguaribile”, ma avevo la sensazione che non rispondesse ad una scelta del tutto appropriata. Se, infatti, tanto “inguaribile” che “incorreggibile”, da intendersi entrambi nell’accezione figurata, si definiscono come incallito, accanito o irriducibile, l’“inguaribile ottimista” a me suonava più come un appellativo riferibile a chi ha ceduto, involontariamente, all’inclinazione naturale della sua personalità, che qui è l’ottimismo appunto, dalla quale non può essere liberato; mentre l’“incorreggibile ottimista” lo riferivo a chi, per sua scelta, si è dato un atteggiamento, un carattere, quasi a volere costruire artificialmente una personalità che niente e nessuno può riuscire a fargli cambiare. In sostanza, mi riusciva difficile pensare che l’autore del libro avesse immaginato un club di persone che avessero voluto instillarsi a forza un aspetto del carattere che, di norma, risulta innato. Così, intanto, sono andato subito a cercare il titolo originale, per verificare se quella scelta fosse dell’autore, del traduttore o addirittura dell’editore. Quel che ho scoperto, però, è che, per quanto il francese non sia la mia seconda lingua, quella scelta doveva essere stata fatta proprio dall’autore, sembrandomi fedele la traduzione di “le Club des incorrigibles optimistes”.
Dopodiché, non avendo altri appigli per darmi una risposta, l’unica cosa che mi rimaneva da fare era cominciare a leggere. Alla fine mi sono reso conto di avere fatto un meraviglioso lungo viaggio nella Francia a cavallo degli anni ’50 e ’60 del XX secolo.
Due cose caratterizzavano la Francia di quell’epoca: il boom economico seguito al secondo conflitto mondiale e la guerra d’indipendenza algerina. Eventi, questi, che costituiscono lo sfondo della narrazione; uno sfondo che si potrebbe definire attivo, come una rete fluttuante in cui, inevitabilmente, i personaggi, prima o poi, finiscono imbrigliati. La trama del romanzo è costituita dalle esperienze adolescenziali di Michel Marini, figlio di immigrati italiani che si sono arricchiti a Parigi, che vivono tutte le incertezze legate al denaro, le ipocrisie del tempo e guardano con fare sospetto a tutto ciò che minaccia di compromettere il mondo in cui si sono ambientati. Nella vita di Michel che, da una vita agiata in una famiglia all’apparenza felice, si trova col tempo (a causa proprio di quello sfondo di cui ho detto) col non potere più confidare né nei suoi familiari né nei suoi amici coetanei, c’è un solo punto fermo: un club spontaneo, creato nel retro di un bistrò denominato Balto, frequentato in prevalenza da profughi dei paesi dell’Est, uomini che il più delle volte non hanno rinunciato ai propri ideali, ma che si sono trovati a fuggire da un regime che li ha fatti propri. Dopo avervi fatto capolino un giorno per pura curiosità, Michel viene presto accettato nel club come una mascotte o, più, semplicemente, come un diversivo alle storie, il più delle volte drammatiche, che ciascun socio si porta dietro dal suo paese d’origine.
Iniziano così a intervallarsi le vicende e i ricordi dei frequentatori del Balto con le nuove esperienze e la maturazione spirituale e morale di Michel. Il club si rivela presto, infatti, non soltanto un punto di ritrovo fra gente senza più amici e con una famiglia da dimenticare, ma anche un luogo di crescita e di sostegno vicendevole. Per quanto spontaneo, infatti, quella originale aggregazione di uomini ha poche ma rigorose regole e fra queste quelle di non rievocare mai il passato, accettando il presente e il futuro quale condizione che non può che essere migliore di quella da cui si proviene. E’ quindi un luogo in cui, posso dire adesso che ho finito di leggere, ci si costringe quasi a forza ad essere ottimisti. E con questo, il termine “incorreggibile” diventa certamente il più azzeccato!
Fra i tanti rimorsi di coscienza, i rammarichi e le nostalgie che trapelano nonostante le regole del club, il libro getta luce su un’epoca storica e su un regime i cui misfatti non finiscono mai di inorridire. Ma non di meno sono frequenti le sottili ironie e i mirabili scherzi del destino che rendono più accattivante il ruolo di chi apprende, parola dopo parola, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo, che persino la messa in pratica degli ideali più puri ed elevati può finire per segnare tragicamente il destino di un popolo.
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